Provvedimenti, restrizioni, un proibizionismo che mette in ginocchio l’intero settore: così il governo sta agendo nei confronti del mondo dei giochi in vista di fronteggiare l’emergenza sanitaria da Covid-19. Il settore subisce ancora una volta una battuta d’arresto. Ricordiamo il Decreto Dignità, che di fatto vietava qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi e scommesse con vincite e premi in denaro.
Ora, però, un nuovo Dpcm mette ancora una volta in seria difficoltà gli operatori. Gli studi effettuati sui possibili luoghi di contagio non sono bastati: le ricerche, infatti, evidenziano proprio come il contagio non avviene frequentemente nei locali da gioco.
Nel nostro paese, in realtà, la scelta che è stata fatta nei confronti del gioco sembra essere completamente politica e in nessun modo scientifica. Il gioco d’azzardo, dunque, è ben lontano dall’avere cifre importanti. Il governo, però, ha avviato una vera e propria crociata contro la ludopatia con un proibizionismo che di certo non aiuta. La scelta, infatti, è compiuta non tanto sulla base di un giudizio di intrinseca non meritevolezza degli interessi, ma in considerazione del fatto che non sono idonee a fornire agli utenti i beni o i servizi di oggettiva primaria importanza. Ribadendo, pertanto, il criterio della “necessità” di alcuni beni di consumo: anche se il criterio con cui è stata valutata tale “importanza” delle attività economiche non sembra supportato da alcun dato scientifico.
Nonostante le rassicurazioni e l’allentamento della presa in determinati casi, il settore del gioco terrestre non riesce a trovare un ampio respiro dall’inizio del periodo pandemico, nonostante gli operatori abbiano provveduto ad adottare qualsiasi misura di sicurezza, e nonostante i contributi forniti alle aziende dal Decreto Ristori.
A nulla è valso anche il tentativo di ricorso operato da alcune aziende del comparto di impugnare il precedente Dpcm del 3 novembre davanti al Tar del Lazio il quale ha respinto la domanda di sospensiva legittimando la scelta del governo, motivata dal “principio di precauzione”, in virtù del quale diventa lecito interrompere delle attività. I giudici, dunque, hanno dato ragione al governo, sempre per via della “ragionevolezza” riscontrata nella decisione di comprimere delle attività economiche in virtù della tutela della salute.
Ma, fortunatamente, non è detta l’ultima parola: il Tar ha comunque fissato alcuni “paletti” che potrebbero rivelarsi potenzialmente favorevoli in difesa delle tesi portate avanti dall'industria. Gli argomenti potrebbero rivelarsi vincenti per la prossima impugnativa promossa dagli operatori del gioco.
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