L’ultimo numero del magazine di Eurispes tratta anche di videogiochi e loot box: il direttore dell’Osservatorio Politiche Fiscali dell’Eurispes Giovambattista Palumbo approfondisce il tema offrendo il suo parere
Una loot box è una sorta di forziere misterioso, all’interno del quale vengono immessi, in modo casuale, oggetti virtuali che aiutano il giocatore nella prosecuzione del gioco o gli offrono vantaggi.
Le loot box sono molto discusse a livello internazionale in quanto, per venirne in possesso, occorre spendere denaro reale, ciononostante i termini delle transazioni non sono mai chiari: il costo non viene infatti espresso nella valuta reale, bensì codificato con quella del gioco (gemme, monetine, etc.). Inoltre, il contenuto del magico pacchetto non è noto al giocatore, fintanto che non viene aperto, ovviamente dopo l’acquisto.
Queste due peculiarità configurano l’aspetto nebuloso del prodotto che, pur non essendo necessario alla prosecuzione del gioco, rappresenta un’enorme attrattiva per i giocatori, soprattutto i giovanissimi. È infatti nella fascia d’età sotto ai 18 anni che questo tipo di offerta trova maggiore successo e questo espone i minorenni – più facilmente sprovvisti di elementi per individuare un imbroglio – a continui stimoli che li conducano a effettuare sempre più acquisti, senza aver ben chiaro di cosa si tratti.
Palumbo suggerisce la necessità di chiedersi se le loot box possano essere assimilate al gioco d’azzardo, vista l’aleatorietà delle vincite e la necessità di investire denaro in esse. In tal caso, andrebbero necessariamente regolamentate nel rispetto della normativa vigente, che prevede il rilascio di un’autorizzazione, nel caso del nostro Paese potrebbero essere fruibili solo sulle piattaforme autorizzate dei casinò online ADM.
Le loot box nel nostro continente
In Olanda e in Gran Bretagna alcune loot box sono già state riconosciute come gioco d’azzardo: mentre nei Paesi Bassi sono già state assoggettate alla regolamentazione vigente per slot machine, lotterie e simili, in Gran Bretagna le loot box sono sì state assimilate al gambling, ma ci si è infine limitati a raccomandazioni alle software house affinché si autoregolamentino.
Altri paesi europei si stanno muovendo: la Germania nel 2021 ha incluso le loot box in un provvedimento che si prefigge di regolamentare giochi con dinamiche simili al gioco d’azzardo; la Spagna invece a breve le vieterà al pubblico minorenne.
Il Norwegian Consumer Council (NCC) ha pubblicato, di recente, un rapporto sul fenomeno di questi cofanetti, condannandone il design manipolativo, il marketing aggressivo e le informazioni decettive sulle probabilità di vincita e sul reale costo in termini di valuta reale. Inoltre, la modalità di presentazione dei premi e la loro sponsorizzazione sono altamente invadenti, col solo fine di incitare il giocatore a effettuare quanti più acquisti possibili.
Venendo alla nostra penisola, è stata imposta la necessità di esporre il logo PEGI e un avviso informativo, tramite il quale il giocatore possa venire a conoscenza della possibilità di ulteriori esborsi di denaro durante il gioco.
Freemium: gratis, ma non troppo
Le loot box rientrano nella modalità di gioco “freemium” neologismo anglofono nato dalla crasi di “free” e “premium”: un gioco gratuito viene offerto nella sua versione base ma, per ottenere maggiori funzionalità o premi extra, occorre effettuare delle microtransazioni. La differenza fra le loot box e la macrocategoria in cui si inseriscono, che è poi anche l’aspetto che viene stigmatizzato, è che non è mai ben chiaro cosa si stia acquistando e quale sia il prezzo reale.
Molto simili alle loot box sono i gacha games, nati in Giappone nel 2010 e ispirati ai diffusissimi distributori automatici gachapon (che contengono giocattoli riscattabili con una moneta). I gacha games sono la versione digitale dei gachapon: all’interno di un gioco gratuito, vi sono personaggi, carte, oggetti, che però possono essere sbloccati solo tramite il gacha, che si concretizza in una serie di tentativi, spin analoghi a quelli delle slot machine online. Ogni spin corrisponde a denaro reale e solo quando si riesce a sbloccare uno degli oggetti, si viene a conoscenza di cosa si tratta.
I premi sono assegnati, anche in questo caso, in modo casuale e spesso l’utente viene invogliato a effettuare più tentativi, tramite diversi espedienti (tempo limitato, rarità degli oggetti, etc.).
Gli acquisti di questo tipo, anche definiti in-game, creano un indotto di miliardi di dollari all’anno per l’industria dei videogiochi e anche per questo, a seguito dello studio pubblicato dal NCC, 19 associazioni di consumatori di 17 Stati hanno deciso di promuovere una richiesta congiunta alle autorità competenti affinché provvedano a implementare una regolamentazione.
Fra le proposte del NCC, vi è quella di consentire a ricercatori ed enti regolatori l’accesso agli algoritmi e ai datatest dei giochi che utilizzano le loot box, per poter effettuare studi divulgabili in merito al loro funzionamento. Inoltre, imporre un avviso al giocatore nel caso in cui tali algoritmi siano stati ideati per influenzare il processo decisionale dell’utente e offrire la possibilità di usare il gioco senza che gli algoritmi vengano utilizzati.
In merito all’eventuale tassazione, Palumbo di Eurispes suggerisce la tradizionale imposta sugli intrattenimenti, ottenibile chiarendo che il rapporto con lo Stato e il suo territorio si ha allorquando il servizio è fruito da utenti mediante un dispositivo localizzato nel territorio nazionale, basandosi sull’indirizzo IP del dispositivo.
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