Un anno dopo il lockdown: i lavoratori del gioco dimenticati dalle Istituzioni
Punto e a capo. Dopo un anno di lockdown in Italia poco o nulla è cambiato. Il Paese si appresta a rientrare in una zona rossa allargata per far fronte all'avvento della terza ondata di contagi da Covid-19. In questi mesi si è sofferto a causa della malattia, per l'apprensione dovuta ai cari a rischio, ma anche per il lavoro carente. Non tutte le attività sono state adeguatamente supportate dalle Istituzioni. Una categoria in particolare è stata lasciata sola: quella dei lavoratori del gioco.
Già, perché se con la divisione per colore delle Regioni tanti negozi sono stati riaperti, approfittando della “zona gialla”, a restare chiuse sono state tutte le sale da gioco. Una discriminazione bella e buona, ma soprattutto senza motivo.
Imprenditori e dipendenti sono fermi da mesi, senza aver avuto i ristori necessari per poter far fronte alla crisi. Ci si chiede perché mai, anche rispettando le misure di sicurezza imposte dal particolare momento che stiamo vivendo, non sia possibile riaprire le attività da gioco.
Da mesi i lavoratori si sono riuniti, con proteste prolungate ma pacifiche, davanti a Montecitorio chiedendo di essere ascoltati e soprattutto aiutati. La sommossa di migliaia di lavoratori a rischio ha messo alla luce del sole una situazione preoccupante, con gli esponenti della maggioranza in Parlamento che sono finalmente venuti a conoscenza della disparità di trattamento fin qui ricevuta dagli impiegati del gioco. E il vero problema è proprio questo: nessuno ha mai chiesto al Comitato Tecnico Scientifico di occuparsi del problema delle sale da gioco. Un contesto assurdo, che dimostra come in Italia si sia ancora troppo miopi nei confronti di alcune categorie a rischio.
Intanto migliaia di persone restano in attesa di risposte, chiedendosi perché le sale da gioco siano state gli unici luoghi interdetti al pubblico, emarginandoli dal mondo del lavoro. Decisioni senza logica né coscienza, che pesano sulle spalle e le tasche di cittadini che non sanno quale sarà il loro futuro. Una situazione diventata insostenibile e che ora merita risposte per chi ha atteso per così tanto tempo.
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